San Giovanni nel folklore siciliano
By Unknown lunedì, giugno 24, 2013 antichi saperi, festa, fuoco, pitrè, san giovanni, solstizio d'estate, tradizioni
La festa di San Giovanni Battista, che cade il 24 giugno, è caratterizzata da diverse usanze e credenze che si ispirano ad arcaiche tradizioni. La ricorrenza, come tante altre cristiane, è di radice pagana, essa coincide con il solstizio di estate, che astronomicamente cade in realtà il 21 giugno, cambio di direzione del sole e inizio di una nuova stagione. È il momento particolare e magico in cui il sole percorre il suo più lungo viaggio nella volta celeste. In epoca precristiana il giorno del solstizio era considerato sacro al pari del capodanno e perciò si usava trarre presagi. Questa grande festa sostituiva perciò gli antichi riti che si svolgevano intorno al solstizio d'estate, e riprendeva tutti i caratteri tipici delle feste di inizio di un ciclo stagionale. Era più viva nei paesi nordici, date le loro condizioni climatiche, ma ebbe una diffusione mondiale assieme ai suoi prodigi, le credenze e gli usi popolari, come i famosi "fuochi di San Giovanni", i complessi rituali di purificazione e propiziazione. La notte della nascita di San Giovanni, quando il sole si trova al momento massimo del suo splendore, quando le campagne e le città si riempivano di altissimi e imponenti fuochi per rendere propizia la crescita della natura e per allontanare il maligno e proteggerli. Le fiamme si tenevano in vita fino all'alba, momento in cui si spegnevano per lasciar spazio al più fulgente dei fuochi: il sole.
Il solstizio d’estate vede la gente di Sicilia protagonista di usanze che spaziano dal "cumparatu di S. Giuanni" (comparato di San Giovanni) ad alcuni riti propiziatori e divinatori. La notte di san Giovanni, secondo il popolo, era custode di tanti segreti che, aiutati da piccoli gesti, potevano essere svelati e a tale scopo si usavano tre fiori di "aprocchiu" (centaurìa), il rosmarino, noto anche per il suo utilizzo nei riti magici del calendimaggio, i capelli, i peli delle ciglia. Ritualità fondante del giorno di San Giovanni era il patto di comparato, che si stringeva sia tra gli uomini che tra le donne. Comparati che legavano d’affetto e rispetto reciproco i contraenti "megghiu d’i parenti". A Catania, i compari e le comari si scambiavano vasi di basilico adornati d'un nastro rosso.
Assai strana ed originale era la corsa di qualche dozzina di uomini di Monterosso che trasportavano alla vigilia della festa per tutto il paese un pioppo colossale con tutti i suoi rami al grido di "Viva lu Santu Travu", mentre su di esso due uomini battevano tamburo e grancassa. Il rito, citato da Pitrè, era diffuso in vari paesi europei, soprattutto in quelli dove era sentito il culto degli alberi. Poteri divinatori, che sfioravano la magia, aveva il santo venerato nella chiesa di Marsala costruita sull’antro della Sibilla lilibetana e i suoi responsi non sempre erano benevoli. Tali riti non dovevano essere accetti alla chiesa, se in un confessionale del XV secolo della Biblioteca comunale di Palermo era chiesto al penitente, se durante tale festa avesse fatto "incantacioni ad erbio y ad cristalli et altri cosi mali chi si fanu in tali jornu". Dovettero intervenire ancora due secoli dopo i sinodi diocesani per condannare tali pratiche, ma con scarsi effetti. La pratica di sortilegi e riti propiziatori era tanto radicata nella coscienza collettiva che si mantenne intatta con le sue paure ancestrali del futuro e con le speranze di poterle incanalare. Alcune credenze sui poteri sovrannaturali che si sprigionano nella ricorrenza di questa festa hanno un duplice aspetto: in Sicilia si teme la vendetta del Santo contro coloro che non hanno rispettato il comparatico. Il Santo pertanto richiede profondo e sincero rispetto, altrimenti piomba sull'empio la sua collera, come su quel contadino irridente di Capaci che volle far lavorare i suoi uomini nel giorno della sua festa. Il terreno dell’aia si spalancò, come riporta Pitrè, e inghiottì tutti, uomini e animali. Oppure del campanile che fece crollare sui preti della Collegiata di Castelvetrano che litigavano. In altri comuni si tramandava del terreno che rumoreggiava e di grida confuse nel giorno del Santo. Ad Acireale restava stregato chi si addormentava sotto un albero, se prima non avesse rotto un ramo. Il rito mi rievoca il coltello che mio padre infiggeva nell'immenso noce di Martino, quando alla calura meridiana mi disponevo ad addormentarmi sotto la sua fronda. Perciò ancora oggi il senso di paura per quel sortilegio contro un male misterioso ed oscuro.
Fonti:
• Usi e costumi credenze e pregiudizi del popolo siciliano | Giuseppe Pitrè
• I fuochi di San Giovanni nella tradizione cristiana | www.cosediprizzi.it
• Un Santo per Compare | Sebastiano Rizza
• 24 giugno, magia del solstizio d'estate | Sara Favarò
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