Sant' Antonio, il santo del fuoco
La festa di Sant'Antonio Abate [17 gennaio] segnava l'inizio del Carnevale e si usava benedire il bestiame dinanzi il sagrato delle chiese. Oggi questo rito non si pratica quasi più forse a causa della scomparsa degli animali dall'economia contadina dell'isola, ma in alcuni casi persiste l'uso di benedire gli animali domestici, dei quali Sant'Antonio è il patrono. Il Santo protegge dagli incendi e dal noto "fuoco di Sant'Antonio" [Herpes zoster], il Santo quindi è tradizionalmente legato al fuoco e si celebra con l'accensione di falò.
Nell'iconografia popolare il Santo è raffigurato come un vecchio monaco, con la barba lunga e bianca, gli viene attribuito il bastone del Tau, non mancano i simboli come: il fuoco che tocca con le mani, il libro aperto con la frase evangelica che lo attrasse, il maiale che simboleggia le tentazioni ed il demonio.
A Palermo, in alcune pasticcerie vengono esposte delle teste di maiale di pasta reale di grandi e piccole dimensioni; la tradizione vuole che questo dolce veniva venduto giorni prima per la festa di Sant'Antonio Abate. Gli animali venivano addobbati a festa e condotti alla chiesa dedicata a questo Santo sita nel quartiere della Loggia, (per intenderci nell'attuale quartiere tra il porto e la Via Roma) per essere benedetti. Il popolino, per il quale il maiale era un animale di fondamentale importanza, lo ha messo sotto la particolare protezione del Santo insieme ai salumieri e a tutti coloro che nel loro lavoro hanno a che fare con il maiale. I palermitani per distinguere Sant'Antonio Abate dall'omonimo Santo da Padova comunemente lo chiamano "U Santu ri puorci".
Sulle Madonie, a Petralia Sottana, la vigilia di Sant'Antonio i pastori davano fuoco a cespi di rosa canina, detta saccubieddu, che crescevano su cumuli di pietre [Munziddaru] e alla presenza del gregge recitavano una preghiera rivolta a Sant'Antonio picchiando ripetutamente sul fuoco il bastone.
"O Sant'Antonu supra ss'artari
ca santa tuonica e a varva di sita
cu lu vastuni e cu lu mulignu
pi l'armaluzzi vu' siti bonignu
scanzatili, scanzatili di lampi e vintiu
di assorti di sangu e di buzziu"
A Mezzojuso (Pa), da sempre, è diffuso il culto del Santo; in suo onore nella piazza principale la vigilia della festa veniva accesa una grande vampa. Il fuoco veniva acceso dopo i Vespri e chiunque possedeva un cavallo accorreva vicino al fuoco lasciando ardere un fascio di legno. Le ceneri venivano raccolte e conservate, usate in caso di malattia degli animali. Tuttora la mattina del 17 gennaio, gli animali di Mezzojuso, specie i muli, ricevono la solenne benedizione dinanzi la statua di Sant'Antonio esposta fuori la chiesa.
Un'usanza del tutto scomparsa è quella dei Nannuzzi a Castrofilippo, in provincia di Agrigento. Ogni anno venivano lasciati liberi per le vie del paese dei maialini che venivano nutriti dagli abitanti, alla fine venivano venduti e con il ricavato si pagavano le spese per i festeggiamenti. Oggi sul sagrato della chiesa vengono benedetti gli animali, i frutti della terra e il pane, confezionato in modo da riprodurre le parti del corpo in qualche modo guarite per l'intervento miracoloso del Santo.
A Calamonaci (Ag) Sant'Antonio continua a essere festeggiato con il fuoco. La vigilia si accende la vampa, realizzata con rami di ulivo e viti; per la raccolta della legna gli incaricati sono i ragazzi del paese fra i 10 e i 14 anni. Negli anni successivi al terremoto del 1968, la festa non si è più praticata con la fervente devozione di una volta. Rispetto al presente, anticamente gli adulti raccoglievano dalle campagne molta più legna e venivano realizzati diversi falò, uno per quartiere.
Fonte | Le fiamme dei Santi: usi rituali del fuoco nelle feste siciliane di Ignazio E. Buttitta.
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