'U Nannu

By martedì, febbraio 12, 2013 , , ,

Il Nannu o Nannu di Carnalivari è la personificazione del Carnevale, la maschera principale, massima, l'oggetto di tutte le gioie, di tutti i finti piagnistei, del pazzo furore di quanti sono spensierati e capi scarichi.
Ordinariamente lo si rappresenta come un vecchio fantoccio di cenci, goffo ed allegro, vestito da capo a piedi con berretto, collare e cravattone, soprabito, panciotto, brache, scarpe. Si adagia su d'una seggiola con le mani in croce sul ventre, innanzi le case, ad un balcone, ad una finestra, appoggiato ad una ringhiera, affacciato ad una loggia; ovvero lo si mena attorno. Più comunemente è una maschera vivente, che su un carro, su un asino, su una scala, una sedia, va accompagnato e seguito dal popolino, che grida, urla, fischia.
[Giuseppe Pitrè]

La morti di lu Nannu
Trasportiamoci con la mente ai giorni in cui le feste carnevalesche stanno per finire. E' allora che 'u nannu, poveruomo, si trova in fin di vita. Egli si è già rassegnato all'idea della morte; ha intinto la penna d'oca nel suo vecchio calamaio di corno, e ha scritto il suo bravo testamento; indi ha chiamato intorno a sè i suoi nipotini, e questi, come uno sciame di folletti, hanno invaso la sua stanza, son saltati sulle sue ginocchia, hanno frugato le tasche del suo immenso soprabito, si sono afferrati al suo lungo codino come a un battaglio di campana. E 'u nannu ha lasciato fare, buono, sorridente, allegro. Egli non ha paura della morte, ma le va incontro come uno stoico dei tempi antichi. Bisogna vederlo con quel faccione di cuor contento, e quei suoi occhietti brilli, e quella pappagorgia che gli pende come un tovagliuolo di carne; egli muore schiattando di salute, mentre enormi ruote di salsiccia arrostiscono allegramente sul focolare, e chicche e confetti gli piovono a nembi nelle ampie saccocce, e il biondo vino spumeggia nei calici. Eppure, le sue ore sono contate; eppure mentre egli s'apparecchia a crepare d'indigestione, s'odono gli altri lamenti di coloro che piangono la sua prossima fine.
No, non esagero. Per i vicoletti, per i chiassuoli echeggia come un funebre schiamazzo: sono urli grotteschi e rauche grida di donnicciole avvinazzate, che, dinanzi agli usci dei loro tuguri, con le braccia distese e le chiome scarmigliate, levano alti clamori. - 'U Nannu sta murennu, 'u nannu! - è questo il grido che esse mandano col lugubre accento di megere incollerite, e si agitano, si dibattono, strappansi i capelli, bizzarre prefiche del carnevale che agonizza.
Poichè questo nannu che muore pieno di salute e d'allegria, circondato di salsiccia odorosa e di nipoti biricchini, altro non è che il carnevale, vale a dire il chiasso, la baldoria, il festino a scadenza fissa. Donde sia nata questa figura di vecchio buontempone, questa grottesca leggenda di uomo che muore a furia di scorpacciate, non saprei, nè il popolo si cura di saperlo. Esso sa che 'u nannu è l'allegria; sicchè mangia e beve con lui, il vecchio piacevolone, che biascica le litanie con un rosario di salsiccia, e si asperge la fronte con l'acqua santa delle cantine. E intanto 'u nannu tira le calze. Il popolo, ubriaco e satollo, fa ressa intorno alla sua bara, e manda in frantumi l'ultimo bicchiere di vino, che inonda la stanza di rosse lacrime di dolore...
'U nannu murìu, 'u nannu! Povero vecchio! Dovranno scorrere dodici mesi perchè esso ritorni un'altra volta.

[Enrico Onufrio, 1882]

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2 commenti

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