Mariannina Coffa Caruso | La capinera di Noto

By sabato, novembre 24, 2012 , , , , ,

La Sicilia vanta numerose personalità che dovrebbero essere prese come modello di vita per l'umanità intera, tanti i nomi che richiamano al mondo maschile, poco note le personalità di sesso femminile che hanno davvero contribuito a dare dignità, rispetto e voce al nostro popolo.

Il 25 novembre è la Giornata mondiale contro la violenza alle donne, tra le tante donne siciliane e poco conosciute, oggi mi soffermo su una storia che mi ha particolarmente colpito e commosso.

E' la storia di Mariannina Coffa Caruso.

Mariannina nacque a Noto [Sr] il 30 settembre del 1841 dove morì alla giovane età di 36 anni. E' conosciuta anche come “La capinera di Noto”, “La Saffo netina”. Figlia di un avvocato, convinto patriota, fu una bambina particolarmente sensibile all'arte della poesia tanto che il padre la portava con sé nei salotti e nelle accademie della città. Dopo aver ricevuto una prima istruzione a Noto, la piccola Mariannina fu affidata ad un precettore, Corrado Sbano, un canonico, con lo scopo di istruirla e di indirizzarla alle letture e agli studi confacenti l'ambiente cattolico e tradizionalista. La giovane, dotata di un acuto senso artistico fu naturalmente limitata nella composizione di poemi che per sua naturale ispirazione si rifacevano ai temi della letteratura tardo romantica. A 14 anni iniziò a prendere lezioni di pianoforte da un giovane maestro di musica venticinquenne, Ascenso Mauceri, i due finirono per innamorarsi ma fatalmente la famiglia impose alla ragazza di sposarsi, a soli 18 anni, con un ricco proprietario terriero ragusano, Giorgio Morana; i due sposi si trasferirono a Ragusa nella casa paterna del marito, e quì ebbe inizio il sofferto  calvario della nostra poetessa. Mariannina verrà relegata in quella casa sotto la dispotica supervisione del suocero che non le permise neanche di scrivere, ritenendo che "lo scrivere rende le donne disoneste". Sarà costretta a scrivere di nascosto la notte nella sua camera da letto. Intanto, tra continue gravidanze, il dolore per la morte di una figlia, la cura di altri figli e i pesanti lavori di casa, intreccerà una relazione epistolare con Ascenso, il fidanzato di un tempo, che non le perdonerà mai la resa al volere dei genitori e il rifiuto della "fuitina" da lui proposta, e rifiuterà l'appuntamento che lei gli darà nella stessa Ragusa. La giovane donna fu costretta dunque a svolgere una doppia vita, iscrivendosi segretamente nelle accademie letterarie dell'isola, italiane e straniere. Nel mentre, colpita da vari fibromi uterini, stringerà amicizia con un medico di Augusta, Giuseppe Migneco, famoso all'epoca per le efficaci cure per combattere il colera ma spesso escluso per "esercizio di arte diabolica" e "spiritismo". Il Dott. Migneco spingerà la giovane poetessa ad interessarsi di sonnambulismo, di magnetismo animale, di teosofia dunque a quelle discipline che furono precursori della moderna psicanalisi, con le quali Mariannina tentava di curare le sue malattie del corpo e della mente, queste hanno contribuito altresì, alla nascita della sua ultima produzione poetica. Colpita da una grave emorragia, lascerà la casa del suocero e si rifugerà a Noto nella casa dei genitori che però non esitarono a cacciarla via poichè aver lasciato marito e figli era un disonore. Fu accolta da un medico che tentò di curarla ma per Mariannina non vi fu salvezza. Finirà i suoi giorni della sua breve ed intensa vita tra la fame, la miseria e la sofferenza; qualche mese prima di spegnersi le fu strappato anche il figlio e in quella occasione scrisse delle lettere dove urlava la sua volontà di divorziare e la sua esasperazione contro la famiglia ed il marito. Nonostante la reputazione di poetessa maledetta fu proclamato lutto cittadino, ai funerali non fu presente nessuno della sua famiglia invece una folla di autorità e gente comune accompagnò il feretro per le vie di Noto e fu innalzata una statua in suo onore.


Psiche di Mariannina Coffa

Datemi l’arpa: un’armonia novella
Trema sul labbro mio…
Vivo! Dal mio dolor sorgo più bella:
Canto l’amore e Dio!

Psiche è il mio nome: in questo nome è chiusa
La storia del creato.
Dell’avvenir l’immago è in me confusa
Coi sogni del passato.

Psiche è il mio nome: ho l’ale e son fanciulla,
Madre ad un tempo e vergine son io.
Patria e gioie non ho, non ebbi culla,
Credo all’amore e a Dio!

Psiche, chi mi comprende? Il mio sembiante
Solo ai profani ascondo;
E nei misteri del mio spirto amante
Vive racchiuso un mondo.

Nei più splendidi cieli e più secreti
Sorvolo col desio:
Nata ad amar, sul labbro dei Profeti
Cantai l’amore e Dio.

Psiche è il mio nome: un volgo maledetto
Pei miracoli miei fu mosso a sdegno,
E menzognera e stolta anco m’han detto,
Mentre sui mondi io regno!

Eppur le voci d’una turba ignara
Fra i miei concenti oblìo:
Nello sprezzo dei tristi io m’ergo un’ara
E amor contemplo e Dio.

Psiche! Ogni nato colle ardenti cure
Di madre io circondai,
E il supplizio dei roghi e le torture,
Figlia del ciel, provai.

Nell’infanzia dei tempi, il gran mistero
D’ogni legge fu servo al genio mio:
Di Platone e di Socrate al pensiero
Svelai l’amore e Dio!

L’arte, le scienze, le scoperte, i lenti
Progressi dell’idea, chi all’uomo offria?
Io sui ciechi m’alzai, fra oppresse genti
Schiusi al pensier la via.

Psiche è il mio nome… il raggio della fede
Rischiara il nome mio:
E, Umanità, chi al nome mio non crede
Rinnega amore e Dio!

Ogni lingua, ogni affetto, ogni credenza
Col mio potere sublimar tentai:
Serbando illesa la divina essenza,
Forma, idioma ed essere mutai.

Or vittoriosa, or vinta, or mito, or nume,
Or sobbietto di scherno, or di desio,
Col variar di lingua e di costume,
Svelai l’amore e Dio!

Pria che fosse la terra, io le nascose
Fonti del ver mirai:
Vissi immortale fra le morte cose,
Me nel creato amai.

Eppur la terra non comprese ancora
Le mie leggi, il mio nome, il senso mio:
Conosce il mio poter… sol perché ignora
Che Psiche è amore e Dio!

Dio, Psiche, Amor! si vela in tal concetto
Il ver, la forza, l’armonia, la vita:
Son tre mistiche fiamme e un intelletto
Che un nuovo regno addita.

O Umanità! La scola del passato
Copri d’eterno oblìo,…
Quel Bene che finora hai vagheggiato
È Psiche, è Amor, è Dio!

O beate dolcezze! O breve e cara
Gioia, o lusinghe del natio paese,
Quando quest’alma della vita ignara
Di tua gran mente il gran concetto apprese!
Or mi ridesto e sento
Quasi un’eco di tomba, e intorno giro
Le stanche ciglia a un funebre lamento

Al mio verso risponde e al mio sospiro.

Noto 25 gennaio 1863


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1 commenti

  1. Salve... articolo interessante ma la foto è sbagliata.
    Della poetessa esistono solo due ritratti fotografici: il cosiddetto "ritratto della fata" del 1859 e quello del 1863.
    Vi allego il link alle immagini in questione.

    https://www.google.it/search?q=mariannina+coffa&biw=1366&bih=657&source=lnms&tbm=isch&sa=X&ved=0ahUKEwi1p6PJhbbLAhUIZQ8KHXViCeQQ_AUIBygC#imgrc=8znlq5zNC2aAOM%3A

    https://www.google.it/search?q=mariannina+coffa&biw=1366&bih=657&source=lnms&tbm=isch&sa=X&ved=0ahUKEwi1p6PJhbbLAhUIZQ8KHXViCeQQ_AUIBygC#imgrc=vTgnPHUf27g1oM%3A
    Quella qui pubblicata è contemporanea e il soggetto è un uomo.
    Vi rimando anche al mio blog dove potrete trovare notizie sulla Coffa e sul romanzo storico che ho pubblicato su di lei.

    www.marialuciariccioli.wordpress.com

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